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Le vipere in Italia

Camminando su sentieri montani o stradicciole campestri può capitare d’incontrare qualche ofide o, per dirla in maniera più semplice, qualche serpente: la maggior parte di noi umani nutre un particolare timore o ribrezzo per queste specie animali, timore che spesso è causato da una conoscenza limitata e distorta da vecchie credenze che hanno condizionato il pensiero comune.

In realtà, dei diversi rettili che appartengono a questo sottordine presenti in Italia, veramente pochi possono costituire un pericolo per l’uomo e anche nel caso si tratti di serpenti velenosi, le percentuali di morsi con conseguenze mortali per gli umani sono davvero molto basse (sotto l’1%). Nel nostro Paese le specie (o meglio sottospecie) che possiedono ghiandole velenifere e denti canulati in grado d’iniettare il veleno sono la Vipera comune (o aspide), il Marasso, la Vipera dei Walser, la Vipera dal corno e la Vipera dell’Orsini.

I motivi per cui una vipera può mordere l’uomo sono legati a comportamenti sbagliati o movimenti involontari da parte di quest’ultimo: il caso in cui si calpesti l’animale, oppure ci si sieda su ghiaie dove il rettile usa fare i bagni di sole o, ancor peggio, si cerchi di toccarlo o manipolarlo. Per evitare di ritrovarsi in situazioni simili, pochi accorgimenti possono diminuire notevolmente il rischio: prima di sedersi o sdrairsi in una zona erbosa o ghiaiosa, percuotere il terreno o i sassi con un bastone (le vipere avvertiranno le vibrazioni e si allontaneranno), evitare di avvicinarsi all’animale per non spaventarlo se lo incrociamo nel nostro cammino, mantenere alta l’attenzione al suolo per evitare di pestarlo nel caso ci attraversasse il sentiero.

Tra i caratteri che aiutano a distinguere le vipere da altri serpenti troviamo la forma della pupilla, ovale e verticale, simile a quella dei gatti, le squame carenate (cioè con una linea mediana che percorre la lunghezza della squama) e la presenza di una testa ricoperta da numerose piccole squame, a differenza di altri serpenti non velenosi che hanno poche squame più grosse. Inoltre il corpo si presenta più tozzo con una coda più breve rispetto ai colubri più comuni.

Una caratteristica delle vipere è l’ovoviviparità, le uova vengono incubate all’interno del corpo della madre e i piccoli nascono già completamente formati. Si tratta di un modo efficiente per adattarsi ad ambienti montani dove i siti per la deposizione delle uova sono difficili da reperire.

Nelle foto sotto un giovane esemplare di Vipera aspis incontrata sulle Dolomiti Feltrine a fine estate. (23.09.2024)

 

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Stambecchi: gli ungulati d'alta quota

Chi non conosce gli stambecchi? Animali simpatici ed incredibilmente abili che sfidano la gavità su pendii ripidi ed esposti. Presente in modo frammentario sulle Alpi, spesso reintrodotto dall'uomo per arginare la spaventosa perdita di individui avvenuta del XIX secolo, trova il suo habitat ideale al di sopra della fascia boscata, dove il verde lussureggiante della vegetazione cede il passo alla nuda roccia, ghiaie e canaloni detritici. La sua dieta rigorosamente erbivora, lo porta a nutrirsi principalmente di graminacee, foglie di rododendro, muschi e licheni che pascola durante le ore del mattino e quelle della sera: durante il resto della giornata passa il tempo a ruminare... che sfaticato! Maschi e femmine vivono separati per la maggior parte dell'anno (han capito tutto), solo nel periodo di riproduzione i maschi raggiungono le femmine percorrendo anche grandi distanze. Di mole superiore, i maschi possono pesare fino a 100-110 kg nel periodo autunnale e raggiungere i 65-75 kg in quello primaverile (chissà, forse anche loro timorosi della prova costume?). Le femmine sono invece generalmente più minute e il loro peso si attesta mediamente sui 50-60 kg. Anche le corna registrano notevole differenza tra i sessi: se nel gentil sesso la dimensione si attesta intorno ai 30 cm, nei maschi fieri e maestosi possono raggiungere i 100 cm. A differenza di altre specie "cornute" come cervi, caprioli, daini, gli stambecchi non ricambiano i palchi ogni anno, le loro corna crescono e li accompagnano per tutta la lunghezza della loro vita, anche se nella giovinezza crescono con un ritmo molto più veloce mentre nell'adultità e nella vecchiaia rallentano fino ad arrestarsi. Incontrarli regala sempre forti emozioni: la loro incredibile insensibilità al vuoto li rende affascinanti e fisicamente irraggiungibili, anche se qualche scatto rubato nella loro siesta quotidiana attraverso l'uso di un buon sistema zoom, ci permette di ammirarli mentre ci guardano con sufficienza dall'alto. Foto realizzate sulle Pale di S. Martino sotto cima Vezzana a. 2017 (24.08.2024)

I cerambicidi

I cerambicidi sono un gruppo di coleotteri davvero affascinanti e variegati che si distingue principalmente per le lunghe antenne. Non tutte le specie in realtà presentano strutture così appariscenti, ad esempio quelle che vivono e si nutrono nei fiori hanno antenne molto più corte. Le larve nella maggior parte dei casi si nutrono di legno morto o morente, mentre gli adulti, a seconda della specie, hanno una dieta più varia indirizzandosi anche su altre parti vegetali. Come succede per alcuni altri coleotteri di grandi dimensioni, alcune specie di cerambicidi nella breve fase adulta non si alimentano: gli bastano le sostanze di riserva accumulate nelle fasi di crescita precedenti. Questi insetti occupano un importante ruolo nell'ecologia del bosco e di altri ambienti, contribuendo alle prime fasi di deterioramento dei tessuti vegetali morti e quindi per l'arricchimento del terreno di sostanza organica, frazione imprescindibile per la fertilità del suolo e lo sviluppo di nuove piante.

Il roseto di S. Giustina - Padova

Lungo gli 11 km di mura rinascimentali che circondano Padova si trova il Bastione S. Giustina che da qualche anno è stato restaurato e destinato ad accogliere uno dei giardini più belli della città. L'ingresso, consentito liberamente dal 25 aprile al 20 ottobre, permette d'immergersi in uno spazio elegante e davvero suggestivo. All'interno circa un centinaio di varietà di rose che vanno dalle botaniche e più antiche rosa gallica, damascena, centifolia, mosqueta e canina, alle rose moderne rifiorenti ottenute dall'ibridazione con specie orientali, a quelle rampicanti, alle rose più spigolose con stelo lungo e bocciolo appuntito, a quelle dedicate a personaggi famosi e importanti nati o transitati a Padova. Nella foto in basso a destra  la rosa battezzata "Sant'Antonio di Padova": poteva forse mancare un tributo al grande Santo che richiama fedeli da tutto il mondo? Perdersi nei profumi e nei colori del roseto di S. Giustina è sicuramente un'esperienza sensoriale meravigliosa. (14.05.2024)

Vulpes vulpes - la volpe rossa

La volpe comune abita in ambienti estremamente vari, dai boschi alti alle macchie, ai campi coltivati e spesso anche in ambito periurbano, soprattutto  nelle grandi città. La si trova dalla media montagna fino al livello del mare. Si tratta di un animale generalmente solitario e dalle abitudini notturne, durante le ore del giorno tendenzialmente trova riparo tra cespugli, cavità naturali, tane da essa costruita o tane di tasso.  Ha un'alimentazione molto variabile: piccoli mammiferi (lepri, conigli, roditori, ricci), insetti, uccelli, uova, lombrichi, carogne, talvolta rifiuti trovati su strade o parchi cittadini. In estate e in autunno tende ad integrare la propria dieta con bacche e frutti selvatici. 


Non capita di rado che le volpi si avvicinino all'uomo proprio per procurarsi il cibo sviluppando un comportamento opportunista, attenzione però a non indurre in questi animali l'abitudine di ricevere cibo dalle nostre mani: questa "addomesticazione" infatti potrebbe risultare fatale nel momento in cui viene a mancare la fonte di cibo "facile" e soprattutto il comportamento troppo confidente indotto in un selvatico potrebbe esporlo a rischi di diverso genere in ambiente antropizzato.


La Rana temporaria o Rana montana


“Un po’ di privacy per favore!”

Qualche giorno fa, camminando sulle nostre Prealpi tra pendii erbosi e peccete, ho scorto da lontano un movimento sospetto e concitato. Una pozza d’acqua un po’ torbida, alimentata dalle abbondanti piogge delle settimane passate, rivelava un brullicare di anfibi tutti presi dalle loro cosucce.

Mi sono permessa d’avvicinarmi per osservare meglio gli intenti di detti anuri e capire di cosa si trattasse , ma la mia presenza, nonostante silenziosa e marginale, è stata sicuramente indiscreta: intimiditi, stizziti e forse colti da un po’ di pudicizia, la gran parte delle coppie di rana alpina (detta altresì temporaria o rana rossa) ha preferito immergersi celando le rocambolesche posizioni da Kamasutra anfibio .

Qualche coppia qua e là si è lasciata intravedere, forse per maggior bisogno di ossigeno o forse per necessità di spazi, fatto è che sono riuscita ad immortalarne qualcuna impegnata nel proprio incontro amoroso .

Tralasciando scherzose vicende, la quantità di uova deposte è davvero impressionante, ogni massa rotondeggiante può contenerne fino a 4000. La rana montana o temporaria è diffusa in Italia sull'intero arco alpino e prealpino, specialmente da 600 m a oltre 2600 m, diviene invece più rara sugli Appennini. Deve il suo nome (temporaria), alla caratteristica macchia bruna sulla tempia che può essere più o meno marcata. Le parti ventrali sono biancastre nei maschi, e rossastre nelle femmine, da cui la denominazione di rana rossa. (10.04.2024)


Upupa epops: il galletto di marzo


"Ma che becco lungo che hai!"

"E' per mangiare meglio!"


La bellezza dell'upupa è innegabile. La sua livrea aranciata con la sua ampia cresta sono caratteristiche salienti di quest'uccello che arriva nei nostri areali generalmente nel mese di marzo e per questo in alcune zone d'Italia è consociuto come galletto marzaiolo o galletto di marzo.

Si ciba principalmente di larve di coleotteri, coleotteri adulti, crisalidi, grilli, grillotalpa, ma non disdegna qualche lombrico, formiche e cavallette. Il suo becco lungo e leggermente arcuato serve proprio come sonda che capta nel terreno le prede.

In Africa le popolazioni possono essere stanziali o migratrici e sono ques'ultime che si spostano nel nostro continente per il periodo riproduttivo.

Amano gli spazi aperti, i campi coltivati, ma hanno necessità di alberi nelle zone limitrofe come punti di riparo. Possono nidificare infatti in cavità arboree, muretti a secco o cassette che offrono il giusto grado di sicurezza.  (02.04.2024)


Lo zaino: poche regole per non sbagliare.

Dovete decidere quale zaino utilizzare per le vostre escursioni e/o dovete procedere all’acquisto? Allora seguite queste poche e chiare regole che vi aiuteranno a non commettere errori grossolani.

1.   Non esiste uno zaino universale che vada bene per ogni tipo di uscita.

La prima cosa da tenere in considerazione è la capienza. Che decidiate di uscire per un’escursione giornaliera o partire per un trekking di più giorni è il primo fattore da valutare. In commercio troverete zaini dalle più svariate dimensioni e volumi. Per un’escursione in giornata potrete indirizzarvi su zaini dai 20 ai 30 litri, considerando anche la stagione: l’inverno infatti richiede indumenti più voluminosi che occupano più spazio. Se invece l’obiettivo è intraprendere un trekking di più giorni, meglio optare per uno zaino dai 40 ai 60 litri, in base ovviamente alla lunghezza del percorso e alla necessità di equipaggiarsi anche con sacco a pelo e magari attrezzature d’alta quota.

2.   Verificare la misura e il comfort dello schienale.

All’acquisto è sempre buona norma provare lo zaino, verificando soprattutto che sia adatto alla nostra statura per evitare che il peso venga scaricato in punti errati del nostro corpo provocando fastidiosi mal di schiena.

Lo schienale deve essere rigido, imbottito e dotato di sistema traspirante.

3.   Spallacci e cinturone fanno la differenza.

Verificare che anche gli spallacci siano imbottiti e che tutte le cinghie siano regolabili. Il cinturone è un elemento da non sottovalutare: il consiglio è quello di indirizzarsi su modelli con cinturoni alti e ben imbottiti, questo permetterà di scaricare il peso sui fianchi per non gravare tutto sulle spalle.

4.   Preferire zaini con più scomparti.

In commercio troverete zaini che hanno maggior segmentazione e scomparti dove riporre il proprio equipaggiamento. Soprattutto se si tratta di zaini con grandi volumi è preferibile indirizzarsi su articoli con più tasche, scomparti e cerniere. In particolare per trekking lunghi, lo scomparto inferiore dove riporre calzature o giacche ingombranti è senza ombra di dubbio utilissimo, così come la cerniera frontale che permette di accedere velocemente al contenuto dello zaino senza svuotare ogni volta tutto dall’alto.

5.   Distribuire correttamente il peso.

Oltre alla scelta dello zaino è importante saperlo utilizzare nel modo corretto. Il peso all’interno deve essere distribuito in modo da non compromettere il nostro baricentro e soprattutto collocarlo in modo simmetrico tra destra e sinistra. Le cose più pesanti vanno nella parte sottostante e interna, mai in alto o appese ciondolanti fuori dello zaino! Ricordiamoci inoltre di non appesantirci troppo e di non superare mai il 20% del nostro peso corporeo. All’acquisto valutiamo anche il peso dello zaino stesso, ci sono modelli che a parità di volumi e di comfort pesano più di altri… e questo ovviamente incide sul totale che portiamo sulle nostre spalle!

E infine ricordarsi sempre la regola aurea del buon camminatore: TUTTO PESA!

Quando si prepara lo zaino non deve mai mancare la giusta attrezzatura per affrontare l’ambiente prescelto, ma attenzione a non eccedere con oggetti superflui o troppo pesanti, soprattutto se si deve affrontare un trekking lungo o un cammino, il rischio è quello di portarsi più del necessario. La bilancia in questo può essere utile 😉 (28.02.2024)

Il Bufo bufo meglio conosciuto come rospo comune

Femmina e maschio (sopra) in accoppiamento

Nelle prime giornate tiepide, inizia il viaggio dei rospi verso i siti di riproduzione:  bacini lacustri, pozze, fossati, stagni... I cambiamenti climatici e gli interventi antropici purtroppo restringono sempre più le possibilità di questi animali di trovare ambienti adatti all'ovodeposizione.  E' importante quindi preservare gli ambienti umidi presenti nel nostro territorio per non alterare l'equilibrio ecosistemico che vede questi animali utilissimi ad esempio nel contenimento di alcune specie d'insetti che altrimenti pullulerebbero incontrastate. 

Ovature di rospo

Le uova di rospo vengono deposte a migliaia in filamenti gelatinosi di colorazione nerastra. La specie punta decisamente sulla quantità per garantirsi una discendenza. Le uova deposte, si schiudono in un tempo variabile dalle due alle quattro settimane in base all'andamento delle temperature. Migliaia di girini occupano l'ambiente acquatico, molti non ce la faranno a diventare adulti, in un tempo di due-tre mesi si trasformeranno in piccoli rospi colonizzando il territorio circostante. (23 02 2024)

Le piante nemorali

C'è uno strano periodo dell'anno in cui il sottobosco inizia a ricoprirsi di fioriture. Camminare tra febbraio e marzo nei boschi regala emozioni incredibili a chi ama i colori e le forme di petali e sepali nelle erbacee.  A terra uno strato di foglie secche ricopre il suolo e i rami degli alberi sono ancora spogli... eppure qualcosa si muove. Si sa che ogni specie si adatta e si sviluppa sfruttando le risorse dell'ambiente in determinati momenti, quando la situazione è più favorevole. Le piante nemorali fanno coincidere il loro periodo riproduttivo, quindi quello che richiede maggior energia per l'emissione dei bocci fiorali e la produzione successiva del seme, con quella finestra temporale in cui i raggi del sole riescono ancora a filtrare tra gli alberi per l'assenza di foglie e il terreno inizia a scaldarsi con l'innalzamento delle temperature dopo i rigori invernali. La parola nemorale deriva proprio dal termine latino nemoralis, ossia boschereccio. Tra queste piante se ne contano numerose tra cui il bucaneve, la violetta, la primula, l'elleboro, la scilla, la polmonaria, il dente di cane, l'anemone, la pervinca, il mughetto, la colombina cava, ecc. ecc.  (23 02 2024)

Galathus nivalis - bucaneve

Helleborus viridis - elleboro verde

Viola odorata - viola mammola o violetta

Scilla bifolia - Scilla silvestre

Giornata internazionale della montagna 11 dicembre 2023

Oggi proprio non si può passare oltre. Nella giornata internazionale della montagna non si può passare oltre ai numerosi articoli, scontati e banali, che narrano le code chilometriche ed il traffico in tilt di ritorno da un ponte super gettonato in quota. Articoli che a volte in tono polemico, altre quasi scherzoso, raccontano di strade intasate da auto di vacanzieri o giornalieri che, bramosi di solcare le piste da sci o di fare qualche passo sulla neve per un selfie su sfondi dolomitici, rendono le strade un inferno di anidride carbonica e metallo. Mancava poi la pillola di saggezza di uno dei “massimi” imprenditori italiani che sottolinea l’urgenza di un aeroporto per portare magnati di ogni continente nella perla d’Ampezzo.

E con questa premessa esprimo il mio pensiero: IO LA MONTAGNA NON LA USO, LA AMO.

Non posso accettare lo sfregio dei consumatori seriali, quelli che trattano l’ambiente al pari di merce sullo scaffale: oggi prendo questo, domani prenderò qualcos’altro. Stiamo assistendo alla trasformazione di un’area, chiaramente di pregio naturalistico e storico che ancora conserva alcuni tratti di un mondo meno artificiale e rumoroso, in un grande parco divertimenti, un po’ quello che è già successo a Venezia (ovviamente con premesse differenti). Non posso condividere che, in nome di un fantomatico turismo risolutore di tutti i problemi economici montani, si trasformino le valli in un bailamme infernale con tanto di pullman da catena di montaggio, camper e auto parcheggiati in ogni dove.

Le Dolomiti, le Prealpi, le montagne tutte, non possono diventare il luogo dove, indipendentemente da qualsiasi altro fattore (periodo, condizioni ambientali, situazione climatica, frequentazione, capacità ricettiva, fragilità ecosistemica) si fissi la meta di sballo e divertimento per staccare dalla propria routine settimanale. Serve usare la testa, serve capire che alcuni ambienti non possono essere vittime di orde che di quel luogo sfruttano esclusivamente i panorami, la pendenza, la neve, il punch caldo, gli hotel dalle boiserie accoglienti, le sfilate natalizie… Serve invece comprendere quel che l’ambiente montano può offrire nel suo complesso culturale, tradizionale, naturalistico e soprattutto, serve capire QUANTO ne può offrire.

Se davvero sentiamo di AMARE la montagna, non possiamo considerarla esclusivamente un luogo di divertimento e compiacimento: serve un approccio di rispetto e condivisione, serve capire quando rinunciare e serve soprattutto comprendere che la montagna non è fatta solo da piste da sci o percorsi escursionistici, mercatini di Natale e SPA dove crogiolarsi nel caldo di una sauna, non è fatta solo da passeggiate digestive e avventurosi viaggi in motoslitta, non è solo luogo di svago e ritrovo, ma è una dimensione dove imparare, crescere, comprendere, rispettare.

Da sempre la montagna insegna silenzio, fatica, solitudine, rispetto della natura, senso del limite. E come di consuetudine l’uomo fa, scaricando la propria responsabilità su qualcun altro, cara montagna, ti dico che sei stata tu probabilmente ad usare nei secoli la didattica sbagliata, perché mi pare che di tutto questo, nei bei fine settimana di alta stagione, estivi o invernali che siano, non si ritrovi proprio più nulla. (11 12 2023)


Il gambero rosso delle Lousiana - specie alloctona 

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